Decameron di Giovanni Boccaccio Nona Giornata Novella 10.

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Il Boccaccio in un dipinto di Andrea del Castagno

DECAMERON di Giovanni Boccaccio - NONA GIORNATA - NOVELLA 10

Donno Gianni a instanzia di compar Pietro fa lo 'ncantesimo per far diventar la moglie una cavalla;

e quando viene a appiccar la coda, compar Pietro dicendo che non vi voleva coda guasta tutto lo 'ncantamento.

Questa novella dalla reina detta diede un poco da mormorare alle donne e da ridere a' giovani.

Ma poi che ristate furono, Dioneo cosí cominciò a parlare:

- Leggiadre donne, infra molte bianche colombe agiugne piú di bellezza un nero corvo che non farebbe un candido cigno;

e cosí tra molti savi alcuna volta un men savio è non solamente accrescere splendore e bellezza alla loro maturità, ma ancora diletto e sollazzo.

Per la qual cosa, essendo voi tutte discretissime e moderate, io, il quale sento anzi dello scemo che no, faccendo la vostra virtú piú lucente col mio difetto piú vi debbo esser caro che se con piú valore quella facessi divenire piú oscura;

e per conseguente più largo arbitrio debbo avere in dimostrarvi tal qual io sono, e piú pazientemente dee da voi esser sostenuto, che non dovrebbe se io piú savio fossi, quel dicendo che io dirò.

Dirovvi adunque una novella non troppo lunga, nella quale comprenderete quanto diligentemente si convengano observare le cose imposte da coloro che alcuna cosa per forza d'incantamento fanno e quanto piccol fallo in quelle commesso ogni cosa guasti dallo 'ncantator fatta.

L'altr'anno fu a Barletta un prete, chiamato donno Gianni di Barolo, il qual, per ciò che povera chiesa aveva, per sostentar la vita sua con una cavalla cominciò a portar mercatantia in qua e in là per le fiere di Puglia e a comperare e a vendere.

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E cosí andando, prese stretta dimestichezza con uno che si chiamava Pietro da Tresanti, che quello medesimo mestiero con un suo asino faceva;

e in segno d'amorevolezza e d'amistà, alla guisa pugliese, nol chiamava se non compar Pietro;

e quante volte in Barletta arrivava, sempre alla chiesa sua nel menava e quivi il teneva seco a albergo e come poteva l'onorava.

Compar Pietro d'altra parte, essendo poverissimo e avendo una piccola casetta in Tresanti appena bastevole a lui e a una sua giovane e bella moglie e all'asino suo, quante volte donno Gianni in Tresanti capitava tante sel menava a casa, e come poteva, in riconoscimento che da lui in Barletta riceveva, l'onorava.

Ma pure al fatto dell'albergo, non avendo compar Pietro se non un piccol letticello nel quale con la sua bella moglie dormiva, onorar nol poteva come voleva, ma conveniva che, essendo in una sua stalletta allato all'asino suo allogata la cavalla di donno Gianni, che egli allato a lei sopra alquanto di paglia si giacesse.

La donna, sappiendo l'onor che il prete faceva al marito a Barletta, era piú volte, quando il prete vi veniva, volutasene andare a dormure con una sua vicina, che aveva nome Zita Carapresa di Giudice Leo, acciò che il prete col marito dormisse nel letto, e avevalo molte volte al prete detto, ma egli non aveva mai voluto.

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E tra l'altre volte, una le disse:

«Comar Gemmata, non ti tribolar di me, ché io sto bene, per ciò che quando mi piace io fo questa cavalla diventare una bella zitella e stommi con essa, e poi, quando voglio, la fo diventar cavalla; e per ciò non mi partirei da lei».

Decameron

La giovane si maravigliò e credettelo e al marito il disse, agiugnendo:

«Se egli è cosí tuo come tu di', ché non ti fai tu insegnare quello incantesimo, che tu possa far cavalla di me e fare i fatti tuoi con l'asino e con la cavalla, e guadagneremo due cotanti? E quando a casa fossimo tornati, mi potresti rifar femina come io sono».

Compar Pietro, che era anzi grossetto uom che no, credette questo fatto e accordossi al consiglio e, come meglio seppe, cominciò a sollicitar donno Gianni che questa cosa gli dovesse insegnare;

donno Gianni s'ingegnò assai di trarre costui di questa sciocchezza, ma pur non potendo disse:

«Ecco, poi che voi pur volete, domattina ci leveremo, come noi sogliamo, anzi dí e io vi mosterrò come si fa.

E' il vero che quello che piú è malagevole in questa cosa si è l'apiccar la coda, come tu vedrai».

Compar Pietro e comar Gemmata, a pena avendo la notte dormito con tanto desidero questo fatto aspettavano, come vicino a dí fu, si levarono e chiamarono donno Gianni, il quale, in camiscia levatosi, venne nella cameretta di compar Pietro e disse:

«Io non so al mondo persona a cui io questo facessi se non a voi, e per ciò, poi che vi pur piace, io il farò: vero è che far vi conviene quello che io vi dirò, se voi volete che venga fatto».

Costor dissero di far ciò che egli dicesse:

per che donno Gianni, preso un lume, il pose in mano a compar Pietro e dissegli:

«Guata ben com'io farò, e che tu tenghi bene a mente come io dirò;

e guardati, quanto tu hai caro di non guastare ogni cosa, che, per cosa che tu oda o veggia, tu non dica una parola sola;

e priega Iddio che la coda s'appichi bene».

Compar Pietro, preso il lume, disse che ben lo farebbe.

Appresso donno Gianni fece spogliare ignudanata comar Gemmata e fecela stare con le mani e co' piedi in terra a guisa che stanno le cavalle, ammaestrandola similmente che di cosa che avvenisse motto non facesse;

e con le mani cominciandole a toccare il viso e la testa cominciò a dire:

«Questa sia bella testa di cavalla»; e toccandole i capelli disse:

«Questi sieno belli crini di cavalla»;

e poi toccandole le braccia disse: «E queste sieno belle gambe e belli piedi di cavalla»;

poi toccandole il petto e trovandolo sodo e tondo, risvegliandosi tale che non era chiamato e sú levandosi, disse:

«E questo sia bel petto di cavalla»;

e cosí fece alla schiena e al ventre e alle groppe e alle cosce e alle gambe;

e ultimamente, niuna cosa restandogli a fare se non la coda, levata la camiscia e preso il pivuolo col quale egli piantava gli uomini e prestamente nel solco per ciò fatto messolo, disse:

«E questa sia bella coda di cavalla».

Compar Pietro, che attentamente infino allora aveva ogni cosa guardata, veggendo questa ultima e non parendonegli bene disse:

«O donno Gianni, io non vi voglio coda, io non vi voglio coda!»

Era già l'umido radicale per lo quale tutte le piante s'appiccano venuto, quando donno Gianni tiratolo indietro disse:

«Oimè, compar Pietro, che hai tu fatto?

non ti diss'io che tu non facessi motto di cosa che tu vedessi?

La cavalla era per esser fatta, ma tu favellando hai guasta ogni cosa, né piú ci ha modo da poterla rifare oggimai».

Compar Pietro disse:

«Bene sta, io non vi voleva quella coda io: perché non diciavate voi a me 'Falla tu'?

e anche l'appiccavate troppo bassa».

Disse donno Gianni:

«Perché tu non l'avresti per la prima volta saputa appiccar sí com'io».

La giovane, queste parole udendo, levatasi in piè di buona fé disse al marito:

«Bestia che tu se', perché hai tu guasti li tuoi fatti e' miei? qual cavalla vedestú mai senza coda?

Se m'aiuti Dio, tu se' povero, ma egli sarebbe mercé che tu fossi molto piú».

Non avendo adunque piú modo a dover fare della giovane cavalla, per le parole che dette avea compar Pietro, ella dolente e malinconosa si rivestí, e compar Pietro con uno asino, come usato era, attese a fare il suo mestiero antico;

e con donno Gianni insieme n'andò alla fiera di Bitonto né mai piú di tal servigio il richiese.

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DECIMA GIORNATA NOVELLA 10

DECIMA GIORNATA CONCLUSIONE

CONCLUSIONE DELL'AUTORE

Vocabolario I F D GB e Vocabolario di Latino

boccaccesco.

(agg.; pl. m. -schi), 1 del Boccaccio. 2 licenzioso, lubrico.

Inglese

of Boccaccio.

Francese

à la manière de Boccace.

Tedesco

im Stile Boccaccios

boccacciano.

(agg.), del Boccaccio.

Inglese

in the style of Boccaccio

Francese

à la manière de Boccace.

Tedesco

im Stile Boccaccios

stile.

(s.m.), 1 modo di esporre in forma artistica un sentimento, uno stato d'animo: lo - del Boccaccio, del Tiepolo, di Rossini; - aulico, elevato; un mobile stile Luigi XV, proprio di un'epoca. 2 modo elegante di muoversi o di compiere una qualunque attività: un giocatore di grande -; nuotatore a - libero, nella maniera preferita; un'attacco in grande -, effettuato con tutte le forze. 3 sistema di calcolare l'inizio dell'anno.

Inglese

style

Francese

(m.) style

Tedesco

(m.) Stil

novella.

(s.f.), 1 racconto non lungo di un fatto vero o inventato 2 notizia, nuova. 3 ciascuna delle costituzioni dovute a un imperatore romano o bizantino.

Inglese

short story

Francese

(m.) conte

Tedesco

(f.) Novelle

romanzo.

(s.m.), 1 nel Medioevo componimento in lingua volgare di argomento cavalleresco eroico. 2 in epoca moderna, componimento narrativo in prosa, più vasto della novella. 3 (agg.), dicesi di ciascuna delle lingue derivate dal latino.

Inglese

romance

Francese

(m.) roman

Tedesco

(m.) Roman

grăvis

e, agg. (compar. gravior, ius; superl. gravissimus, a, um): grave, pesante; gravido, pieno, carico, aggravato; fastidioso, molesto; importante; severo, autorevole; basso (detto di voce); grezzo. Esempi: gravis silex, pesante selce; grave amiculum, mantello pesante; graves Persae, i molesti Persiani; si tisi grave non erit, se non ti sarà grave; in populum Romanum grave est, è cosa grave (pericolosa) per il popolo romano; naves hostium spoliis graves, navi cariche delle spoglie dei nemici; vino gravis, avvinazzato; vino et somno graves, oppressi dal vino e dal sonno; gravis annis (o aetate), grave di anni; vir gravis, uomo importante; homo auctoritate gravis, uomo di grande autorità; gravis auctor in medicina, scrittore autorevole in medicina; gravis testis, testimonio autorevole; grave bellum, guerra terribile; gravis victor, vincitore spietato; graves inimicitiae, inimicizia violenta; graves morbo, languente per malattia; graves ictus excipere, ricevere gravi colpi; gravis morbus, pericolosa malattia; gravis autumnus, autunno insalubre; gravis nuncius, molesta novella; gravis odor est, è un odore fastidioso; quis Catone gravior in laudando?, chi più severo di Catone nel lodare?; grave edictum, severo editto; gravis sonus, tono di voce grave; aes, argentum grave, rame, argento grezzo (non ancora coniato).

histŏria

ae, f.: storia; racconto, favola, mito; cognizione, conoscenza, notizia, ricerca. Esempi: historia, testis temporum, lux veritatis, la storia è testimonianza dei tempi, luce di verità; rem historiae mandare, affidare alla storia un fatto; omnibus historiis se meus aptat amor, il mio amore si adatta a tutte le favole; maxima de nihilo nascitur historia, dal nulla si forma una lunghissima novella; aliquid historiā dignum, qualche cosa che merita di essere conosciuta; in omni historia curiosus, appassionato in ogni ricerca.

nŏvellus

a, um, agg.: novello, nuovo, giovane. Esempio: novella oppida, città da poco sottomesse.

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